La cinta muraria cinquecentesca

Alla cinta muraria si è risaliti tramite l'antica carta topografica di Braun e Hogenberg del 1581. Essa seguiva le vie Dusmet, Porta di Ferro, Teatro Massimo, Coppola, piazza Spirito Santo, piazza Stesicoro e via Plebiscito. Aveva sette porte ed undici baluardi:
Le Porte

Porta di Carlo V: fu costruita nel 1553 ed era detta Dei Canali, perchè dava sui trentasei canali della marina, colmati in seguito dall'eruzione lavica del XVII secolo. Nonostante sia l'unica porta rimasta, oggi si trova soffocata dal mercato della pescheria. Nell'ottocento il mercato, che si teneva ai piedi dell'Elefante, fu  trasferito sotto il voltone del seminario arcivescovile. Agli inizi del secolo due progetti, di un architetto e di un pittore, ipotizzavano la sistemazione del mercato nella vicina villa Pacini. Tra alberi e cespugli, padiglioni e chioschi, avremmo avuto  uno dei pochi  mercati-giardino del mondo.
Porta Saracena: fu costruita nel 1555, tra piazza San Placido e la marina; era detta anche Del Porticello.
Porta di Ferro: fu edificata alla marina nell'omonimo quartiere. Era così chiamata a causa dei battenti di ferro.
Porta Sant'Orsola: nei pressi dell'omonima chiesa, veniva utilizzata per seppellirvi i morti impiccati.
Porta di Aci: era chiamata anche Stesicorea perchè costruita nei pressi del sepolcro del poeta.
Porta del Re: sorgeva nei pressi di Sant'Agata la Vetere ed era così detta perchè costruita da re Federico III d'Aragona.
Porta Decima: sorgeva nei pressi di Castello Ursino, proprio vicino all'antico edificio romano della Naumachia, oggi perduto.
Porta Uzeda: Chiude, come una quinta di grande valore scenografico, la via Etnea a sud, nel tratto in cui, superata la piazza Duomo, s'insinua per concludersi in via Dusmet, tra l'ex palazzo dei Chierici a ovest e l'ala di levante dello stesso seminario. Fu appunto per unire questi due corpi di fabbrica che nel 1695, per volere del Duca di Camastra, don Giuseppe Lanza, venne costruito un cavalcavia che diede origine a una porta che allora fu detta della Marina. Ma cambiò nome in quello stesso anno in omaggio al vicerè don Francesco Paceco, duca di Uzeda, venuto a Catania per rendersi conto dei lavori di ricostruzione della città sulle macerie del terremoto del 1693. Sopra quell'arco, negli anni che seguirono, a iniziativa del vescovo mons. Salvatore Ventimiglia, vennero costruiti i piani superiori, collegati anch'essi con le due ali del palazzo. In alto fu eretto un sontuoso fastigio con una nicchia centrale, che racchiude un busto di Sant'Agata che guarda la città, e un'iscrizione marmorea: D.O.M. Sapientiae et bonis artibus - 1780. Sul balcone che si apre sulla porta c'è un grande stemma del vescovo Ventimiglia.

I bastioni

Gli undici bastioni erano i seguenti: San Giorgio e Santa Croce, che sorgevano presso il Castello Ursino; Bastione Don Perrucchio, alla marina; del Salvatore, eretto alla confluenza tra via Dusmet e via Porta di Ferro; San Giuliano, ubicato dove ora c'è il convitto Cutelli; San Michele, in piazza Spirito Santo; Santo Carcere, sulla cima di via Cappuccini; degli Infetti, oggi visibile in via Plebiscito all'altezza della via Lago di Nicito; del Tindaro, che sorgeva in via Plebiscito all'altezza di via S. Maria della Catena; San Giovanni, sull'omonima via, nei pressi di via Plebiscito; Sant'Euplio, in piazza S. Antonio.