Stesicoro

Stesicoro, nato a Imera (tra Cefalù e Termini Imerese) o a Metauro (Locri di Calabria) verso il 638 a.C., morto a Catania verso il 555 a.C., fu l'inventore della poesia corale. Il vero nome era Tisia: Stesicoro è un soprannome che vuole dire ordinatore di cori. Fu contemporaneo di Alceo e di Saffo. Secondo una leggenda tramandata da Aristotele, Stesicoro si trovava a Imera quando i suoi concittadini pensarono di affidare la difesa della propria città a Falaride, tiranno di Agrigento; per illustrare i pericoli di quella scelta, Stesicoro raccontò di un cavallo che, per mettersi al sicuro contro il cervo, suo tradizionale nemico, invocò l'aiuto dell'uomo; l'uomo lo protesse dal cervo, ma alla fine lo addomesticò e ne divenne padrone.
Descrisse in un poema, l'Elena, l'illecito amore di Paride con Elena, il che - raccontò poi Platone - offese la donna; i fratelli di lei, i Dioscuri, lo accecarono per vendetta; il poeta, per ritrovar la vista, dovette comporre un poema, la Palinodia (ritrattazione), col quale si rimangiò tutto. La sua produzione fu abbondante: 26 libri di inni, poemetti epico-lirici e canti amorosi; fra questi la Caduta di Troia, la Orestea (l'uccisione di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra e l'uccisione, per vendetta, di Clitemnestra da parte del figlio Oreste), tre poemi sulle fatiche di Ercole. Fu chiamato 1'Omero della lirica corale; gli si attribuisce un'importante innovazione metrica, consistente nel dividere i componimenti lirici corali nei raggruppamenti di strofe, antistrofe ed epodo, che tutti i poeti melici corali adottarono poi. Scappò da Imera e si rifugiò, per molti degli ultimi anni della sua vita, a Catania, essendo venuto in odio a Falaride dopo il racconto del cavallo e del cervo. Catanesi ed imeresi gli innalzarono un monumento; quello di Catania fu eretto all'ingresso della città, che allora era costituito dalla porta di Aci: all'incirca dov'è anche oggi la porta di Aci, ossia piazza Stesicoro.

Enciclopedia di Catania - Tringale Editore