Nato a Catania nel 1873 e morto nel 1930, è il più grande attore tragico del teatro siciliano; si può anzi dire che il teatro dialettale siciliano nacque con lui. Cominciò a lavorare col padre, un puparo a quei tempi famoso, don Angelo, rimasto ancor oggi celebre per l'esagerata grandiosità che imprimeva alle azioni dei suoi paladini, al punto che il pubblico spesso lo beccava: Grossa, don Angelo!. Giovanni dava la voce ai pupi, anzi, come si dice in gergo, parlava i pupi. Rigido dietro le quinte, seguiva con la voce il movimento di Orlando, Gano, Carlo Magno; poi divenne lui stesso puparo; alla fine fu attore.
Scoperto da Martoglio, esordì nella Zolfara di Giusti-Sinopoli; raccolse successi grandiosi nel Berretto a sonagli di Pirandello, nella Morte civile di Giacometti, in Pietra su pietra di Sudermann, nella Figlia di Jorio di D'Annunzio, tradotta in siciliano da Borgese. Ma riuscì grande soprattutto nella Cavalleria rusticana, che fu - come scrisse il filosofo Vito Fazio Allmayer - il capostipite di tutto il teatro di Grasso: un compar Alfio impetuoso, violento, prodigiosamente drammatico, gesticolante, col basilico all'orecchio e i pantaloni scampanati.
Grasso era un uomo alto, robusto, con baffetti radi e sopracciglia aspre, il volto butterato, il cappello sulla ventitré. Quanti aggettivi gli hanno appiccicato? Primitivo, irrequieto, scomposto, passionale, vivace, tenero, delicato: tutto andava bene, compresi - e anzi in prima linea - i contrasti fra un termine e l'altro. Per Grasso-attore l'unica legge era quella del suo cuore, la legge dell'istinto. Gli affetti più dolci, più spontanei, diventano il centro del nuovo teatro, il teatro che gli autori creavano apposta per lui; la venerazione della madre, l'amore alla propria donna, il rispetto all'amicizia sono i punti fondamentali sui quali ruotano i drammi che egli presentava al mondo. Sono affetti che non hanno confine: la madre è tutto, la propria donna è tutto, l'amico è tutto; chi tradisce una di queste tre regole fondamentali, che sono la legge dell'amore, è degno di essere punito, ed è punito non perchè la logica vuole così, ma perchè così comanda l'istinto, il cuore; è punito non per l'odio che suscita il traditore, ma per l'amore che ispira il tradito, non per vendetta della colpa, ma per l'annullamento della colpa.
Tentò il cinema (a quei tempi c'era solo il muto), ma senza grandi meriti, sicchè nessuno lo rammenta più. E la ragione c'è: gli spezzettamenti delle riprese cinematografiche gli troncavano la forza e gli smorzavano la passione. Giuseppe Villaroel descrisse così i suoi ultimi patetici anni: Grave e fiacco, trascinava le sue giornate seduto in uno dei più popolari caffè del suburbio, tra gente amara e raccogliticcia, tutto torbido e nuvoloso. Assorto nel suo squallido silenzio, aveva lo sguardo sbandato e malinconico dei tori trainati al macello.
Nel 1956 Francesco De Felice, studioso di storia del teatro e autore drammatico, apportò una rettifica alla data di nascita del Grasso: Nacque a Catania il 19 dicembre 1873. Errano il Dizionario dei siciliani illustri e l'Enciclopedia italiana, che lo fanno nascere ad Acicatena il 12 dicembre 1875. A documentazione, riportava il testo dell'atto di nascita.

Enciclopedia di Catania - Tringale Editore