Da Carlo V alla rivoluzione francese

Nel 1516 sale al trono Carlo V, col quale sembra risolversi quello che era stato ritenuto il problema più grave di Lentini, l'appartenenza alla Camera reginale. Carlo, infatti, scioglie la Camera ed incorpora tutte le città nel regio demanio. Ma le enormi spese di guerra che caratterizzano il regno di Carlo costringono il vicerè Ferdinando Gonzaga a minacciare la vendita ancora una volta della città. L'amministrazione comunale, per evitare così grande rovina, offre il pagamento di 20.000 ducati d'oro per l'acquisto del territorio e del mero e misto imperio con tutti i privilegi (1537).
La città, a causa di queste spese, si carica di debiti e nel 1540 è costretta ad imporre ai cittadini una serie di tasse per usufruire di alcuni diritti antecedentemente goduti gratuitamente.
Il terremoto del dicembre 1542 contribuisce alla decandenza della città, con la distruzione totale del castello nuovo, parziale del vecchio e di gran parte delle case attorno. L'aumento del dazio sul grano, che scoraggia l'esportazione, il conseguente fallimento della produzione cerealicola, la necessità di far fronte al debito nei confronti della corona spagnola gettano in uno stato di totale crisi Lentini. Ad accentuare il quadro, la fondazione, nel 1551, di Carlentini, che, nei progetti del vicerè Vega, doveva costituire il baluardo della difesa contro le invasioni turche che il castello vecchio di Lentini secondo lui non garantiva più. Per popolare la nuova città e favorire l'esodo da Lentini, il vicerè concede a Carlentini una serie di privilegi: terreno gratuito per la costruzione della casa, esenzione dalle tasse, gabelle e donativi, esenzione dalla dogana per due anni, tutti i privilegi della città di Lentini.
Nonostante questo, i Lentinesi si rifiutano di abbandonare la loro città, anche quando il Vega fa ricorso alle blandizie, chiamando Nuova Lentini la città-fortezza. Il vicerè allora passa a mezzi più duri, arrivando addirittura a togliere a Lentini la fiera di aprile, fonte di grande ricchezza, con la scusa che si deve, coi proventi di essa, edificare la nuova Chiesa Madre a Carlentini.
Gli anni successivi sono estremamente difficili. Le carestie, il fiscalismo regio, le annate agrarie poco redditizie (1658,1671)riducono a mal partito la città, che decade rapidamente, con una diminuzione drastica della popolazione, che passa dai 14.756 abitanti del 1569 ai 7.360 del 1616 per poi lentamente risalire ai 10.063 del 1681.
Il terremoto del 1693 distrugge totalmente Lentini, provocando un elevato numero di morti. Il tentativo di ricostruire la città in un altro sito, come aveva previsto il duca di Camastra, vicario del re per la ricostruzione, su pianta disegnata dall'architetto fra' Angelo Italia, fallisce miseramente, per una serie di opposizioni convergenti, non ultima probabilmente quella della Chiesa.
La città viene ricostruita sul vecchio sito, ma l'operazione dura molti anni e comporta ingenti spese. Il numero dei cittadini si è intanto ridotto (4.369 nel 1737), anche a causa dell'ahbandono da parte di molti che preferiscono recarsi nella vicina Carlentini che sembra non aver sofferto molti danni per il terremoto e che vede aumentare la popolazione, che passa dai 2.751 abitanti del 1681 ai 3.331 del 1714. Tra essi, numerosi nobili, il cui numero diminuisce drasticamente, tanto che non è possibile garantire l'amministrazione regolare della città col necessario ricambio. Ad allargare la vecchia nobiltà di sangue si procede con il riconoscimento della nuova nobiltà di censo, alla quale si permette di entrare nell'amministrazione della cosa pubblica, pur rimanendo distinti e separati i privilegi, con la costituzione di due Mastre, dei nobili e dei civili, alle quali si attinge per la nomina degli amministratori della città (1728, 1755).
Si cerca da parte dei vari sovrani che si succedono di risollevare le sorti della città, ma invano. Infatti, sotto Carlo III di Borbone, si pensa di aumentare la popolazione, che è arrivata al punto più basso della sua storia (4.268 nel 1747), esentando per cinque anni dal pagamento dei debiti, ovunque contratti, tutti coloro che si stabiliscono in città; viene ristabilita la dignità del Senato; la città diventa Capo Comarca ed ha sotto di sè le città di Francofonte, Avola, Ferla, Sortino, Melilli, Militello, Grammichele, Noto, Spaccaforno, Cassaro e Palagonia (1760).
Ma tutto questo non basta e viene ripreso il vecchio progetto di spostare la popolazione a Carlentini, adducendo il solito pretesto dell'aria malsana e della malaria. Il Senato si ribella all'idea, fa appello al re ed il progetto viene abbandonato (1789).
Allo scoppio della Rivoluzione francese e durante l'avventura napoleonica, Lentini è sotto Ferdinando III che nel 1806, nel giro che fa dell'isola, giunge in città, dove viene ospitato nel palazzo del barone Sanzà, un esponente della nuova nobiltà.