Angioini ed Aragonesi

Alla morte di Manfredi, nel 1266, si riaccende lo scontro tra il papa, che appoggia gli Angiò, e gli Svevi, rappresentati dal giovane Corradino. A Lentini si accende una disputa tra i fautori degli uni e degli altri. I seguaci degli angioini, ferracani, si rinserrano nelle zone fortificate (Tirone e Castello)da cui controllano la città, ma poi si arrendono per mancanza di acqua e perché si accorgono che i rivali, fetenti, come venivano chiamati allora i seguaci degli Svevi, hanno cominciato a scavare gallerie sotto le fortificazioni per renderle instabili. A questo punto anche Lentini si dichiara partigiana di Corradino. Sconfitto Corradino nella battaglia di Tagliacozzo, Lentini rimane fedele agli Svevi e ne segue le sorti, accogliendo l'esercito tra le sue mura. Nella battaglia di Sciacca, la vittoria arride agli Svevi, ma poco dopo, con la presa di Centuripe, la Sicilia passa nelle mani dei francesi.
Gli Angioini non erano venuti in Sicilia a portare la libertà e ben presto se ne accorgono tutti, soprattutto quelli che hanno appoggiato gli Svevi e quindi sono naturalmente in odore di sospetto. Infatti, tra i primi atti del nuovo governo c'è l'aumento delle guarnigioni nei castelli sparsi in varie parti della Sicilia, che garantiscono un controllo capillare del territorio contro possibili sommosse (1278). Tra i castelli occupa un posto di rilievo quello di Lentini, che si vede popolato da un grande numero di soldati, ai quali viene garantita una provvigione di ben 100 salme di miglio. Questo trattamento, totalmente dissimile da quanto avveniva prima (1272), mette la guarnigione di Lentini alla pari dei castelli strategicamente più importanti di Messina, Palermo ecc.
Se ne accorgono anche i nobili che li hanno appoggiati. Come in altre occasioni di intervento straniero, molti avevano appoggiato gli Angioini, in odio ai vecchi governanti, forse sperando in un miglioramento delle loro condizioni sociali. Ma gli stessi erano sempre pronti a cambiare padrone non appena il nuovo dimostrava di volersi rifare delle spese sostenute per l'impresa. Non va sottovalutato, inoltre, il fatto che molte famiglie nobili sperano di ricavare dei benefici privati dal cambiamento dinastico conseguente ad un'invasione straniera.
Tra questi, il conte Alaimo che, mandato in esilio dagli Svevi fuori dalla Sicilia, vi fa ritorno, al seguito dei francesi, dopo la battaglia di Benevento (1266) prende parte alla lotta in favore degli Angioini e nel 1274 viene premiato per la sua fedeltà dal re Carlo con la nomina a Giustiziere nel Principato e nella terra di Benevento. Nel 1279 ottiene l'incarico di Secrezia di Sicilia (ufficio che si otteneva pagando un fitto e che si occupava della riscossione di alcuni tributi) e nel 1282 è elevato alla carica di Strategoto di Messina.
I francesi non sono diversi da tutti gli altri invasori che hanno calpestato il suolo siciliano ed il loro fiscalismo non è diverso da quello delle altre popolazioni che erano venute in Sicilia. Ma la situazione economica è cambiata, ed in peggio, le carestie non sono infrequenti e questo fa apparire le tasse che vengono imposte ancora più esose, anche se Lentini sembra soffrire meno degli altri, se nel 1281 riesce a fornire a Messina ottomila salme di frumento sulle trentamila di cui ha bisogno la città dello stretto.
La reazione alle angherie dei francesi non si la attendere ed il 2 aprile 1282, a Palermo, scoppia la rivolta del Vespro, fomentata dai nobili e con l'appoggio degli spagnoli.
Lentini insorge il 5 aprile. Esasperati anche perché il governatore Papirio Comitini, qualche giorno prima, ha imposto un contributo forzoso che è superiore alle finanze della città, i cittadini, al comando di Giovanni La Lumia, assaltano il castello dove si è rinchiuso il governatore e, fattolo prigioniero, lo uccidono. La stessa sorte subiscono tutti i francesi che si trovano nella città, che di lì a poco si eleva a Comune libero, con la giurisdizione su Militello, Palagonia, Francofonte e Sortino.A reggere la vita del Comune viene eletto capitano del popolo Giovanni Foresta.
La guerra del Vespro non era stata un movimento repubblicano per l'autonomia comunale e ben presto i nodi della politica siciliana vengono al pettine con l'intervento degli Aragonesi che operano nei confronti della popolazione esattamente come avevano operato gli Angioini. Delusi restano soprattutto molti dei nobili che avevano abbandonato i francesi, sperando di avere dai nuovi padroni molto più di quello che avevano dato loro i vecchi alleati. Tra essi il conte Alaimo, che aveva abbandonato Manfredi per Carlo di Francia, abbandona quest'ultimo per Pietro d'Aragona, che gli dà immensi possedimenti, e poi entra in combutta di nuovo con Carlo sperando di avere, in questo continuo cambiare bandiera, ulteriori, personali, vantaggi territoriali. Caduto in disgrazia presso gli spagnoli, viene fatto morire per annegamento in mare.
Morto il re Pietro nel 1285, gli subentra il figlio Giacomo che nomina il fratello Federico vicerè di Sicilia. Questi, d'accordo con i baroni, nel 1296 si fa incoronare re di Sicilia col nome di Federico III. Nella lotta che si apre immediatamente tra Federico, da un lato, e Giacomo, al quale si sono alleati il regno di Napoli e il Papato, dall'altro, Lentini si schiera a favore di Federico. Questi, nel 1299, viene a Lentini, dove organizza le difese, rafforzando il castello e concentrando le sue forze. Dopo la pace di Caltabellotta (1302), ritorna a Lentini, dove viene accolto festosamente e dove riceve omaggi dalla popolazione. In quella occasione, premia i suoi fedelissimi, insignendo i soldati che meglio lo avevano servito di titoli nobiliari (tra questi i La Lumia, gli Sgalambro, i Passaneto). In questo modo, se lega ancor più a sé i sostenitori, allarga anche le basi del feudalesimo su cui si basava la sua monarchia. La città viene premiata della sua fedeltà con la concessione dell'uso delle consuetudini di Messina nel 1313.