Il novecento

La riforma elettorale di Giolitti, che nel 1912 introduce il suffragio universale maschile, rappresenta una grande occasione per il movimento contadino e per il Partito socialista, che questi interessi incarna. Il blocco democratico-socialista nelle elezioni comunali del 1914 riesce a vincere la battaglia contro il blocco conservatore rappresentato dal partito monarchico-liberale, che non riesce a dare un'amministrazione stabile alla città. La nuova amministrazione, che subentra al Commissario regio, inizia subito i lavori che ha programmato e che dovranno dare un volto nuovo alla città (la risistemazione delle vecchie vie, Ferdinanda e del Carmine, oggi Garibaldi e Conte Alaimo, la sistemazione della piazza principale, l'apertura di una farmacia comunale), nonostante l'opposizione dura degli sconfitti che fanno ricorso anche alla calunnia ed al dileggio per mettere in cattiva luce gli amministratori di sinistra.
Lo scoppio della prima guerra mondiale interrompe momentaneamente il processo. Si ha, in generale, un aggravamento delle condizioni di vita per i meno abbienti, con il razionamento dei beni alimentari, mentre le classi più elevate manifestano la loro entusiastica adesione alla guerra con un manifesto puhblico stilato dal barone Beneventano. Per lenire i disagi della guerra, si raccolgono somme di denaro, colle quali si viene incontro alle esigenze vitali delle classi popolari che subiscono il peso della guerra. Lentini paga il suo tributo di sangue alla politica governativa con 213 morti, 214 mutilati e 55 dispersi, in genere contadini e braccianti.
Nel frattempo, però, molte cose sono camhiate. Un decreto governativo che fissava ad un livello molto basso il prezzo della farina ha prodotto il crollo della produzione granaria. D'altra parte, i reduci che tornano dalla guerra non sono più i vecchi contadini analfabeti ed ignoranti. Il contatto con altre realtà sociali, soprattutto quelle più avanzate del Nord, e con i lavoratori delle altre regioni d'Italia, sicuramente più coscienti dal punto di vista delle rivendicazioni salariali, determina nuove coscienze e nuove aspirazioni. Inevitabile appare la richiesta dei nuclei più politicizzati di un cambiamento delle condizioni sociali.
Durante la guerra, in cambio dell'impegno attivo, era stata promessa la riforma agraria con la distribuzione delle terre. Al ritorno, i reduci non trovano niente ed anzi la situazione è nel frattempo peggiorata, per l'inflazione e per la disoccupazione. L'occupazione delle terre incolte sembra a molti la soluzione migliore e questa è la strada intrapresa. Ex combattenti e socialisti rivoluzionari occupano centinaia di ettari di terre, che vengono divise in piccoli lotti.
L'estensione ridotta dei lotti provoca uno sfruttamento intensivo della terra, che a lungo andare peggiora la situazione, anche se all'inizio le conseguenze non sono evidenti. Nella maggior parte dei casi vengono impiantati agrumeti, in questo periodo ancora redditizi, anche se i sistemi usati sono in larga parte arcaici, mentre scarso seguito hanno le idee cooperativistiche.Il governo si limita a prendere atto dell'accaduto, ratificando l'occupazione delle terre, che riduce la tensione sociale.
Ma i problemi di fondo non sono stati risolti ed i conflitti di classe si acuiscono. Nel 1922 si raggiunge il culmine con i disordini scoppiati in concomitanza di un comizio tenuto dalla socialista Maria Giudice. I contadini, che, nella piazza principale e nelle vie adiacenti, stanno partecipando ad una manifestazione politica, sono fatti bersaglio dei proiettili della Guardia regia, attestata davanti alla Chiesa Madre, e dei ricchi che sparano dai balconi sui manifestanti. Questi ultimi, cioè i ricchi, temono che i disordini siano l'inizio di una possibile rivoluzione armata, come l'esplosione accidentale di un deposito di armi e di munizioni in una casa privata di fronte alla chiesa della SS. Trinità lascia presagire e reagiscono con la forza della armi. Lo stato di tensione altissima provoca morti e feriti, tra i manifestanti ed i loro congiunti. In questo periodo viene coniato per Lentini l'epiteto di Repubblica leontina.
Con l'avvento del fascismo, il problema sociale non solo non viene risolto, ma si mettono a tacere le forze d'oppozione e si aggravano le condizioni dei contadini, mentre il latifondo, nonostante le dichiarazioni ufficiali, non viene minimamente intaccato, tanto che tra i grandi proprietari terrieri si trovano i maggiori esponenti delle forze che appoggiano il regime fascista.
A risentire della politica del governo fascista sono anche le colture specializzate come quella degli agrumi. Agli inizi si verifica un aumento della produzione, ma essa non può bilanciare le perdite dovute all'abbandono verificatosi durante il periodo bellico. In ogni caso, la produzione di agrumi non tocca i livelli produttivi del periodo prebellico ed anzi si ha una crisi, conseguenza della politica economica del governo. Il regime autarchico imposto da Mussolini, infatti, provoca la reazione dei governi stranieri con gravi danni per una coltura, quella degli agrumi, il cui prodotto viene in larga parte esportato e che costituisce negli anni Venti la metà delle esportazioni siciliane.
Gli aiuti statali, con il sostegno dei prezzi sul mercato interno, se da un lato evitano una crisi totale, dall'altro fanno sembrare meno urgenti gli interventi di cambiamento colturali in direzione di una diminuzione dei costi, favorendo altri Stati che si affacciano sul mercato europeo, come la Spagna.
Nel 1930 iniziano i lavori di bonifica del Biviere, che dovranno portare al prosciugamento del lago, alla realizzazione di una serie di strutture connesse, alla costruzione di un villaggio operaio che deve, nelle intenzioni dei governanti, ospitare i coloni dei 1.500 ettari di terra prosciugata, ed alla sconfitta della malaria.
Ma è più facile costruire che convincere i contadini ad abitare queste case che restano desolatamente deserte, come vuote restano le centinaia di case coloniche costruite per accogliere i contadini della Piana impegnati nella battaglia del grano, una delle tante battaglie perdute dal fascismo, mentre il problema della malaria non viene risolto.
La guerra d'Africa e la conquista dell'Impero sembrano il naturale sbocco per i problemi occupazionali dei lentinesi che con entusiasmo accolgono i colori nuovi della moda italiana, Adua e Macallè, dai nomi di due delle città conquistate dall'esercito italiano.
Nel 1940 viene approvata la legge contro il latifondo, che dovrebbe risolvere gli atavici problemi del Sud. Ma è tardi, perché scoppia la guerra, che aggrava la situazione. Fame, miseria, razionamento alimentare, morte, distruzioni sono le conseguenze della politica governativa, mentre si accentuano i fenomeni di accaparramento da parte dei pochi privilegiati che hanno disponibilità di beni di consumo e gli assalti dei disperati ai magazzini.
La fine della guerra e le prime elezioni libere riportano al potere quelle forze e quegli uomini che durante il fascismo avevano tenuto viva a Lentini una larvata forma di opposizione e che avevano sperimentato le carceri del regime. Questi uomini guidano le prime lotte per l'occupazione delle terre, gli espropri dei feudi incolti e la divisione in lotti. Il risultato è ancora una volta la formazione di un grande numero di piccoli proprietari, possessori di appezzamenti troppo esigui per permettere loro di lare il salto di qualità, costretti ad un'esistenza sempre in bilico tra il nuovo status di proprietari ed il vecchio lavoro del bracciante.
Gli anni Cinquanta a Lentini sono caratterizzati sul piano sociale dalle grandi lotte tra i braccianti, che guardano al nuovo verbo che viene dall'Est, ed i vecchi proprietari terrieri ed i commercianti, arroccati su posizioni di retroguardia. Ambedue gli schieramenti, pur se su posizioni diverse, hanno in comune lo stesso massimalismo e lo stesso insufficiente spirito di collaborazione, per uscire dalla crisi post- bellica. Demagogia e scarso senso programmatico guidano i dirigenti politici della sinistra e delle forze sindacali del tempo, che portano le masse bracciantili a lottare per obiettivi di breve respiro, senza tenere conto dei problemi di carattere generale e di prospettiva. Gestione del malcontento, volontà di conseguire risultati immediati, sul piano salariale e su quello elettorale, scarsa capacità di pianificazione: sono queste le caratteristiche dei dirigenti politici delle masse contadine del tempo, che non trovano altra soluzione che ricorrere ancora una volta all'emigrazione verso il Nord dell'Italia o verso i paesi esteri. Le stesse qualità, demagogia ed incapacità di pianificare, si riscontrano nella gestione della cosa pubblica, che porta ad una mancata programmazione dello sviluppo sociale, economico, culturale, urbanistico, con accentuati fenomeni di abusivismo che hanno stravolto l'aspetto della città.
Lo sviluppo del polo industriale di Priolo ha favorito anche a Lentini la nascita di una classe operaia ricca che ha provocato una rapida terziarizzazione del tessuto economico con il formarsi di una classe intermedia che ha radicalmente mutato le condizioni politiche. La crisi del ceto bracciantile, in diretta conseguenza della crisi degli agrumi e delle mutate condizioni economiche generali, ha portato alla rapida crisi dei partiti di sinistra, in primo piano il Partito comunista, ed all'ascesa della Democrazia cristiana che questi processi ha di fatto guidato. Gli ultimi anni della vita della città sono caratterizzati da un grave declino sul piano demografico, anche in conseguenza di uno spostamento verso i quartieri di nuova espansione nel territorio di Carlentini in contrada Santuzzi.