Il Déco ed il razionale
Arte nel ventennio fascista
Pittura e Scultura déco negli anni trenta Processi Urbani
Dopo gli sconvolgimenti sociali dovuti alla guerra, si manifestò la tendenza, in arte, verso un nuovo ordine, che rivalutava il realismo tre-quattrocentesco e quindi la prospettiva, i volumi puri, i valori plastici. Alcuni artisti videro nel ritorno all'ordine una maniera di formulare uno stile nazionale, mentre altri lo interpretarono come un modo per recuperare le tradizioni locali. A Roma fu fondata nel 1918 la Rivista Valori plastici, che assumeva la concezione idealistica della pittura plastica e metafisica ed invitava allo studio delle opere pittoriche del trecento e del quattrocento italiano. A Milano nasceva un gruppo di sette artisti, tra cui Sironi, denominato Novecento, che, per l'idea del ritorno all'ordine, che lo contraddistingueva, era gradito al Partito Fascista. E' con il nome di questo gruppo che sarà chiamata tutta la produzione artistica italiana dal 1920 al 1940. Contro il  dinamismo futurista, nel programma del gruppo milanese, si sosteneva la precisione del segno, la decisione nel colore, la risolutezza della forma. Figure classiche arcaicizzanti e architetture romaneggianti, congiunte ad un ritorno al naturalismo, alla chiarezza spaziale e volumetrica, esprimevano la retorica dell'arte di stato, l'arte fascista. Nelle architetture cittadine si trovano gli affreschi e le sculture dei maggiori artisti catanesi dell'epoca. Il Palazzo della Borsa, la Casa del Mutilato, il Palazzo delle Scienze, il Palazzo di Giustizia e molti altri monumenti architettonici, furono testimoni della notevole bravura di Carmelo Comes (pittore) e M.M. Lazzaro (scultore), dell'opera di Giuseppe Piccolo, Eugenio Russo, Tino Perrotta, Salvatore Juvara, Giuseppe Barone, Salvo Giordano, Giuseppe D'Angelo, Roberto Rimini, ed infine del rinomato decoratore palermitano Carmelo Florio.
Architettura nel ventennio fascista
A Catania molti furono, nel ventennio del Regime, gli architetti attenti alle nuove esperienze europee. Alla fine degli anni venti, accanto al neobarocco di Fichera, finito, secondo i giovani architetti razionalisti, sul Tavolo degli Orrori  per il Palazzo delle Poste, al pesante Déco di Aloisi, allo stile littorio di Caronia, al neoclassicismo di Patanè, al liberty del  Lanzerotti, troviamo tre architetti, Fiducia, Fallica e Marletta, che, restando fedeli allo stile razionale, approfondiranno le tematiche di esso nei più svariati campi, dall'architettura all'urbanistica, dall'arredamento al design. Figura autonoma nel panorama architettonico dell'epoca è Raffaele Leone, il quale, pur polemizzando con i giovani razionalisti, architetti riuniti nel '31 presso la galleria di Pietro Bardi (un militante del regime), affermava che fra una puzzonata razionalista  e la reazionaria stazione di Milano  non avrebbe esitato un attimo a schierarsi con gli arrivisti, accaparratori, corruttori, giovani razionalisti. Al di là delle ideologie, è incontestabile che in questi anni, sicuramente prolifici per l'architettura , scaturirono opere d'ingegno e d'arte, anche perchè le committenze diedero  spazio alla sperimentazione  di nuove  forme e tipologie.